venerdì 2 dicembre 2011

LA VENDETTA DI DRAGUT RAIS

In quella giornata di caldo afoso la temibile flotta solcava le acque della Costa Viola. Aveva navigato tutta la notte e proveniva da Paola. Era piena estate, il periodo ideale per attraversare il mar Mediterraneo. 
Scivolando silenziosamente sulle acque limpide dai riflessi lucenti e violacei, approdò con il suo numeroso equipaggio in una spiaggetta rocciosa,la Marinella della terra di Palma. 











L’impresa era più ardua del previsto, dovevano scalare una scogliera scoscesa con il solo aiuto delle loro mani e dei loro piedi.  Madidi di sudore si inerpicarono sino in cima,  utilizzando le ultime forze che gli erano rimaste. 
 Il loro capo aveva una forza da leone e il cuore di pietra, ma comprese che non poteva chiedere di più ai suoi uomini e quando giunsero presso la fonte dell’Acqua degli Ulivi gli concesse un meritato riposo all’ombra degli alberi e anch’egli dopo essersi rinfrescato, si sdraiò sul prato e da lì a poco si assopì.





La Torre di vedetta di San Francesco era la postazione ideale  per scorgere ogni movimento nel mare circostante. Turi stava bevendo un sorso d’acqua, per vincere l’arsura e sul capo si era messo un fazzoletto di stoffa bagnato. Angiolo era intento a scrutare l’orizzonte. Dovevano rimanere sopra la torre ancora per due ore e poi finalmente avrebbero avuto il cambio. Quel giorno gli era toccato il turno più caldo ma più tranquillo. Spesso, durante la notte, i corsari malintenzionati sbarcavano lungo la costa Calabrese oppure si nascondevano nelle sue insenature o nelle grotte per depredare le navi commerciali di passaggio, uccidendo o rendendo schiavi tutto il loro equipaggio.  Erano trascorsi altri dieci minuti sotto quel sole cocente ed entrambi non vedevano l’ora di terminare; intendevano scendere alla Marinella a ristorarsi con un bel bagno.


Ma da lì a poco ecco che all’orizzonte si intravide una galea turca. Di seguito un’intera flotta solcava il mare antistante e approdava presso la loro spiaggia. Con i segnali stabiliti avvisarono immediatamente la popolazione della terra di Palma. Donne, bambini e anziani furono portati al sicuro dentro le mura della Cittadella e gli uomini impugnarono le loro armi e tutti uniti, iniziarono a scendere verso il luogo indicatogli dalle sentinelle sulla torre e da quelle a cavallo.

  Erano pronti a tutto pur di difendere i loro figli e le persone care; erano stanchi di subire incursioni turche. Giunsero nei pressi della fonte in assoluto silenzio. I corsari dormivano di gusto e non avevano udito nulla. Un fischio e all’improvviso si scatenò l’inferno.  Le lame appuntite dei terrazzani di Palma  si infilarono nelle carni scure dei saraceni e in men che non si dica li uccisero quasi tutti. Soltanto pochi riuscirono a fuggire  alle loro galee e prendere il largo. 
Il loro crudele capo fu ferito e mentre giaceva ansimante su una pietra  i Palmesi lo raggiunsero e lo uccisero. Gli tagliarono la testa e convinti fosse il famigerato Dragut Rais lo portarono in trionfo per le vie della cittadella.



Da quel momento nelle serate invernali, davanti al fuoco, i bambini chiedevano ai loro padri di raccontare loro la storia di Dragut Rais e i padri fieri della loro prodezza colorivano con nuovi particolari la loro storia e così trascorsero tre anni di racconti e imprese sempre più eroiche. Giunsero in tal modo a quell’agosto caldo. L’uva nelle viti era a buon punto. Nell’aria si spandeva il profumo del mare e si udivano dappertutto le voci dei piccoli terrazzani intenti a fare i loro giochi. Quella sera, Turi e Angiolo non erano di vedetta sulle torri. Erano nel loro letto, accanto alle loro mogli e i loro figli. Si erano appena addormentati e dalla finestra, aperta per l’ aria greve, s’intravedeva un’ammaliante luna piena. L’uscio di casa si spalancò di colpo e si svegliarono di soprassalto col terrore in gola. Di fronte a loro c’erano quegli uomini malvagi, quei corsari venuti da lontano pronti a ucciderli. Quella notte per i terrazzani di Palma, non vi fu scampo, furono sterminati e morirono quasi tutti. I loro crudeli assassini erano alle dipendenze di un noto saraceno, il cui nome era conosciuto in tutto il Mediterraneo. Aveva udito che la popolazione della Terra di Palma si vantava di averlo ucciso tre anni prima e volle andare presso quel luogo per lavarsi l’onore. Nessuno si poteva permettere di prendersi gioco del famigerato “DRAGUT  RAIS”.   LOID

2 commenti:

  1. Un bel racconto che riesce anche a trasportarci in quelle epoche infauste delle rapine costiere da parte di pirati barbareschi il cui arrivo, appena segnalato, gettava nel panico i poveri padri di famiglia, le loro mogli, che vedevano le proprie creature, e loro stessi, oggetto di violenze inaudite e di quanto di peggio possa capitare all'essere umano: il giorno della schiavitù. Oggi non vi sono più quegli approdi improvvisi, ma la vita umana, anche nella modernità, subisce ancora l'intervento del diavolo che in varie forme continua con i suoi soprusi contro l'uomo: la disoccupazione, la malavita, la malattia, l'evento sismico ed ogni sorta di "sbarco dei Turchi" che, metaforicamente, non è mai finito. Triste la conclusione della storia di Turi e Angiolo che come nel film Apocalypto di Gibson potevano anche, trasferendosi nell'entroterra, pensare di iniziare una nuova esistenza. Ma il tuo finale è comunque realistico e sfrondato dalle stereotipate consuetudini del lieto fine letterario. Complimenti.R.Mancini

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  2. grazie Rino, ho un pò reso fantasioso il finale, ma non troppo. Sulla pietra di Dragut non è morto realmente il suddetto, ma un altro capo dei saraceni, meno importante di Dragut. In quell'occasione i Terrazzani di Palma si salvarono, ma negli anni a venire vi fu una nuova incursione nella quale la maggior parte morirono. Ho inventato che l'autore di questa strage la fece Dragut, per vendetta, ma in realtà non si sa chi sia stato dei tanti turchi che a quei tempi flagellavano le coste del Mediterraneo.

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